
Tempio di Vesta, 25 anni prima.
Una notte tempestosa e oscura aleggiava intorno al sacro edificio.
La pioggia incessante sembrava volesse punire qualcosa; o qualcuno.
Fulmini tagliavano il cielo come fendenti d’ira divina, e ogni tuono scuoteva le colonne del tempio come un presagio.

Al suo interno, un paio di vestali si stavano prendendo cura di una donna piuttosto malconcia.
“Credi che ne uscirà mai da questo sonno profondo, Sacerdotessa?” disse la più giovane mentre cospargeva di olio profumato le braccia di Najara.
Il suo respiro era calmo, così calmo da far pensare alla morte.
La sua pelle, invece, era provata da alcune piccole rughe intorno agli occhi e da ferite ancora in fase di guarigione.
“Non ci è dato saperlo, Maia…solo gli déi conoscono la rispos…”

Il dialogo si spezzó in gola alla Sacerdotessa. Una raffica di vento improvvisa spalancò con violenza le porte del tempio, facendole sbattere contro le pareti con un boato sordo. Subito dopo, una delle grandi finestre circolari esplose in frantumi, e la pioggia si riversò all’interno come una marea ostile.
La corrente creata all’interno provocò un mulinello di tenebra proprio al centro della sala, come se la tempesta avesse generato un cuore nero, pulsante e furioso.
Il turbine era denso, vischioso alla vista, con riflessi metallici e venature dosso cupo.
Aveva un odore acre, di terra bruciata e di sangue.
Le vestali gridarono, alcune cercarono di fuggire, ma vennero inglobate.
I loro corpi si sollevarono da terra girando su se stessi, le vesti bianche si tinsero di rosso.
Furono risputate fuori dal vortice pochi istanti dopo, prive di vita, i corpi spezzati in pose innaturali, gli occhi spalancati nel terrore.
Due vestali ancora indenni cercarono di aiutare Najara, ma il suo corpo iniziò a levitare da solo, sollevato da forze invisibili.
Le bende scivolarono via dalle sue braccia, mentre le ferite pulsavano come fossero ancora fresche.
Si udì una voce sibilante nel silenzio improvviso che seguì:
«Ė colei che ha varcato la soglia. Colei che ha plasmato il destino. Colei che non è più. Ed io…sono la porta…»
Il mulinello prese una forma vagamente umana: una figura alta, senza volto, fatta solo di ombre e lamenti.
Allungò una mano verso Najara, e sul petto disegnò lentamente un simbolo incandescente con la forma di una torcia capovolta.
Il corpo di Najara si irrigidì. Poi aprì gli occhi. Ma non erano più i suoi.
Erano neri, assoluti. Vuoti e devastanti al tempo stesso.
Il mulinello nel frattempo iniziò a ritirarsi lentamente, fino a scomparire del tutto.
Maia, l’unica sopravvissuta tra le vestali, era rimasta nascosta dietro uno degli altari minori del tempio, tremante. Incapace di piangere o muoversi.
Strisciò fuori a fatica, fino a raggiungere la figura immobile di Najara e le sfiorò il volto con due dita, esitante.
Gli occhi della donna si aprirono nuovamente e con un gesto improvviso e violento, prese Maia per un polso.
“Portami fuori di qui”
**********
Capanno della Regina Varia
“Potete andare, me la vedrò da sola con Xena…”
Le guardie amazzoni si congedarono guardando la guerriera tra lo scherno e il disprezzo.
“…Xena…io non ho niente contro di te, lo sai, ma tu sei troppo impetuosa, e non conosci le cose come stanno…”
Mentre parlava, Varia girava intorno a Xena. Le accarezzava i capelli, le sfiorava la pelle, sicura del fatto che Xena fosse impossibilitata a muoversi.
“Lo sai che siamo un popolo in via d’estinzione…c’è sempre stato qualcuno che ha tentato di mettere fine alle amazzoni…ti ricordi di Morlok (Xena e la battuta di caccia, Stagione 6 Ep.11), e di Bellerofonte… vero? (Xena contro Bellerofonte, Stagione 6 Ep. 15)”
“Difficile dimenticarsene, ma non riesco a trovare il senso di Najara…”
“Najara è stata la nostra salvezza, quando alcuni lustri fa, fummo attaccate dall’ennesimo signore della guerra”
“E di chi si tratta? O trattava…”
“Un romano. Venne qui non solo con la sua legione, ma anche con un carro di bestie feroci. Con i suoi poteri, Najara è riuscita a fermare l’esercito e ad annientare quegli animali.”
“Ma guarda tu le coincidenze…”
Xena stava cercando di liberare i polsi dalle corde.
“In tutto ciò non riesco a capire come mai viviate come in mezzo al nulla…”
Varia prese un pugnale, giocandoci in modo nervoso.
“Najara ci ha salvate, ma Artemis ci ha maledette per avere annientato quelle belve”
“Najara ha sempre portato con sé il male e…mi stupisce sia ancora viva…”
“È una semidea…” aggiunse l’amazzone, venendo però subito aggredita verbalmente da Xena
“Ma cosa stai dicendo? Non è una semidea, non lo è mai stata!”
“E allora come puoi spiegare quello che ha fatto per noi, o quello che ha fatto poco fa? Accetta la realtà.”
Capanno amazzone degli ospiti
Gabrielle stava sistemando la sua bisaccia. Nonostante ormai fosse una guerriera a tutti gli effetti, non aveva mai smesso di scrivere, così tirò fuori alcune pergamene intonse, scegliendo quella meno sgualcita, e da una delle tasche pennino e calamaio. Si sedette sul giaciglio appoggiando la pergamena sulle gambe: voleva ricominciare a comporre i canti delle avventure che condivideva con Xena, ma si sentiva come bloccata.
“Non ci riesco…”
Con la punta del pennino, non si rese conto di aver fatto più pressione del solito sul foglio, e nello stesso istante qualcuno improvvisamente bussò alla porta del capanno in modo violento.
Gabrielle si spaventò, e il pennino trapassò la pergamena, ferendola.
“Chi…chi è?
“Najara”.
“Un attimo…”

Prima di aprire cercò qualcosa per tamponare la ferita, e per la fretta usò proprio il foglio di pergamena, poi andò verso la porta e la aprì.
Najara indossava lo stesso vestito scuro di quando la vide nel bosco, ma con il cappuccio abbassato, e Gabrielle potè vedere il viso della donna nitidamente: pallido e con gli occhi un po’ affossati e stanchi. Non aveva più i capelli corti, e la cicatrice sullo zigomo in realtà sembrava una ferita ancora fresca.
“Che cosa vuoi?”
“Stare con Xena ti ha resa aggressiva come lei…”
“Dimmi solo cosa vuoi, Najara.”
“Parlare con te. Posso entrare?”
Gabrielle annuì, controvoglia.
Quando la donna entrò, Gabrielle sentì un forte brivido gelido dietro la schiena, e richiuse immediatamente la porta.
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Capanno della Regina Varia
Xena stava cercando di prendere tempo per liberare i polsi dalle corde, che oltre ad essere strette pungevano come spine.
“Quello che ho visto non è sufficiente per credere che Najara sia una sacerdotessa, una dea o chissà quale altra cosa! E poi? Chi era il romano di cui parli?”
Varia sorrise e scosse la testa in segno di negazione, ignorando completamente la domanda della guerriera.
“Tu non puoi capire…”
Si allontanò dalla guerriera dandole le spalle per poi girarsi di scatto e lanciare il coltello che finì tra i polsi di Xena tagliando la corda che li univa.
“Dannazione!”
“Hai perso i tuoi riflessi, principessa…”

I polsi di Xena sanguinavano, Varia strappò un lembo del suo vestito, poi prese le mani di Xena che cercò inizialmente di ritrarle e avvicinandosi cercò di tamponare le ferite.
“Ma cosa…?”
“Lasciami fare… Ti fa male…?
Xena non rispose. Guardava Varia prendersi cura delle sue ferite, ma lo faceva in modo strano. Le rivolgeva occhiate profonde e il suo tocco era delicato ma deciso; nessuno si era preso cura di lei, a parte Gabrielle.
Un certo imbarazzo pervase Xena, che venne subito notato dall’amazzone, approfittandone per avvicinarsi di più al volto della guerriera.
“Questo è il mio villaggio, Xena, e tu sei la benvenuta. Ma ricorda sempre che sono la Regina…” poi si avvicinò alle sue labbra.
“Sei troppo ribelle per esserlo, Varia.”
“E tu sei troppo arrogante per essere una semplice guerriera. Le mie sorelle stanno morendo e tu discuti sul mio ruolo!”
“Perché mi hai chiamata qui?”
“Perché solo tu puoi capire cosa sta succedendo nel villaggio.”
“Quindi la grande Regina delle Amazzoni non è così scaltra come crede.”
“Non ti permetto, Xena!”
Varia e Xena erano una di fronte all’altra, e mentre Varia cercava di tenere testa allo sguardo di Xena, quest’ultima abbassò il suo, compiaciuto della scollatura che aveva di fronte a sé.
“Belle vesti…”
“Posso permettermele.” Varia ricambiò lo sguardo, soddisfatta di avere fatto in qualche modo colpo sulla donna.
“Già, sei una regina dopotutto.”
Varia si avvicinò ancora di più a Xena. La differenza di altezza tra le due, in quel momento mise l’amazzone in condizione di sfiorare quasi le labbra della guerriera, ma in tono di sfida.

Xena sentì il leggero respiro caldo di Varia sulla sua bocca.
“Vuoi aiutarci oppure no? Decidi.”
Xena ebbe un attimo di esitazione, poi rispose.
“…allora?” dalla bocca di Varia uscì del fumo nero che si insidiò in quella di Xena che improvvisamente iniziò a dare colpi di tosse così forti da essere costretta ad accasciarsi.
Varia la guardava con un’espressione che non le apparteneva, accompagnata da un ghigno malefico che si concluse con un vero e proprio attacco fisico nei confronti di Xena, su cui scagliò calci all’addome così potenti da riuscire ad incrinare persino l’armatura che si ritorse contro il corpo della donna, provocandole ancora più dolore fino a farla vomitare e svenire.
**********
Capanno amazzone degli ospiti
“Mi sei mancata, Gabrielle…”
Najara stava guardando la ragazza con occhi visibilmente lucidi e commossi.
“Ma come…come è possibile che…cosa…?”
“Che cosa è successo? Perché sono viva? È un po’ quello che è accaduto a te e Xena (Xena e le lacrime della morte, Stagione 5 Ep. 19), del resto è stata proprio la tua amata a farmi cadere in uno stato di incoscienza perenne”

“Xena non c’entra, te la sei cercata perseverando negli stessi errori per cui ci eravamo allontanate”
“E per questo secondo te meritavo di restare intrappolata tra la vita e la morte? Tu non sai cosa ho passato…ma la morte stessa ha avuto pietà di me, Gabrielle, e voleva che ci ricongiungessimo in vita”
“Noi non ci siamo ricongiunte perché non siamo mai state unite. Se sei venuta qui per rivendicare ciò che non ti appartiene, puoi anche andartene!”
Najara si avvicinò a Gabrielle puntando il proprio indice sulla cicatrice che aveva sul volto.
“Questo è uno dei ricordi che mi ha lasciato la tua dolce Principessa” poi alzò il tono della voce che era strozzato dalle emozioni che stava provando.
Poi, prese le vesti e le spalancò davanti a Gabrielle, mostrando un corpo totalmente privo di seno e ricco di cicatrici da bruciatura sparse per tutto il corpo.
“Questo, invece, è soprattutto il ricordo di lustri in cui la mia anima è stata tormentata e stuprata dagli… dèi…degli inferi!”
Successivamente, tornò a coprirsi.
La donna sembrava confusa dai suoi stessi pensieri. In seguito il tono della sua voce tornò ad essere regolare e calmo.
“…avrei preferito la morte Gabrielle…proprio non riesci a provare un po’ di pietà? Dopotutto, sono un essere umano…”
Najara accarezzò il viso della ragazza, che vedendola piangere venne colpita al centro della propria sensibilità e che accarezzò a sua volta proprio sulla cicatrice della donna.
“Mi dispiace molto…so cosa significa stare agli inferi. Ho visto cosa accade laggiù” (Xena e il ritorno dall’Aldilà, Stagione 5 Ep. 1).
Con ingenuo trasporto, Gabrielle cinse tra le braccia Najara, che si strinse forte a lei in un abbraccio lungo e innaturale, che finì per bloccare il corpo della ragazza come se fosse stata colta da un malore: Gabrielle non solo non riusciva più a muovere un muscolo e a parlare, ma i suoi occhi iniziarono a rivoltarsi all’indietro mostrandone solo la sclera, e quando cadde in ginocchio sul pavimento, Najara prese il volto tra le mani come se volesse romperle il collo ma, invece, d’impeto la baciò roteando la lingua nella bocca della ragazza completamente in trance.
Quando si allontanò, dalle labbra socchiuse uscì lo stesso fumo nero che era uscito da quelle di Xena, mentre su quelle di Najara rimase il sangue di Gabrielle, che leccò e deglutì, come se avesse concluso un lauto pasto.
Poi, noncurante, prese la pergamena di Gabrielle, e uscì dal capanno lasciando la fanciulla svenuta a terra.
Xena stava iniziando a riprendere i sensi e tentando di capire dove fosse e, aprendo meglio gli occhi, si accorse che era piena notte e di trovarsi in un capanno amazzone, non ricordando assolutamente come fosse finita lì.
Non si ricordò di Varia, degli omicidi, e nemmeno di Najara.
Una sensazione di estrema leggerezza le fece rendere conto di essere priva della sua armatura e delle sue armi, mentre un brivido gelido e affilato le attraversò tutto il corpo.
Nonostante il caminetto acceso e le fiamme ardenti, non si capacitava del freddo che stava provando: eppure si sentiva bene, non era in uno stato febbrile.
Stava per scendere dal letto, quando accanto a lei vide Gabrielle che stava riposando; la osservò a lungo, soffermandosi sulle sue labbra socchiuse e su una delle spalline del corpetto che era leggermente abbassata, decidendo di abbassargliela ancora di più lasciando scoperto parte del seno.
La mano di Xena scese verso il ventre della ragazza, accarezzandola dolcemente ma con decisione, dopotutto conosceva molto bene quel corpo e con quale tocco vibrasse, infatti non dovette passare molto tempo per vedere l’agitazione della ragazza pulsare sulla sua mano fino al completo risveglio.
“Che cosa stai facendo?”
“Nulla che non abbiamo già fatto infinite volte…” Xena baciò il collo di Gabrielle.

“Toglimi le mani di dosso e non azzardarti mai più a baciarmi!”
Xena era incredula. Nonostante i dissapori tra loro, non c’era stata una sola volta che lei non gradisse le sue attenzioni. Ma adesso era diverso.
La vide alzarsi di scatto dal letto cercando di ricomporsi e cingendo le proprie braccia attorno al corpo, come se stesse tentando di coprirsi.
“Io…io non so cosa tu voglia da me…anzi, lo so, ma non ti devi più avvicinare! Vattene fuori da qui!”
“Ma sei impazzita, cosa ti prende?”
“Ho detto fuori da qui!” Il tono di Gabrielle sembrava risoluto, per poi divenire insicuro e a scatti.
“Io…io non ti riconosco…ti prego di andartene…”
Xena non solo non rimase turbata da quella frase, ma non acconsentì in alcun modo alla richiesta, immobilizzandola con il pinch.
“Tu sei solo mia, ed esaudirai ogni mio desiderio” le sussurrò all’orecchio. “Non voglio scopare con un cadavere, perciò adesso farò di nuovo pressione sul collo e tu non fiaterai.”
Gabrielle era incredula per tutto quello che stava accadendo, poiché Xena non era mai stata violenta, né volgare, ma adesso sembrava completamente un’altra, così annuì sconfitta, dopotutto Xena era sempre stata più forte di lei.
La guerriera mantenne la parola, e mentre Gabrielle stava cercando nuovamente di respirare, le strinse forte i polsi.
“Ti assicuro che sarà piacevole…violento, ma piacevole…”
Gabrielle finse di essere remissiva, attendendo che Xena fosse sufficientemente distratta per poterle rifilare una gomitata nello stomaco e scappare, ma la donna la rincorse bloccandola da dietro.
“Dove credi di andare? Xena la bloccò da dietro fermandole completamente le braccia con le sue.
“Smettila…non voglio…” ma il suo corpo stava rispondendo in modo opposto alle parole e lentamente si stava sciogliendo addosso a quello di Xena.
“Non è vero…” la baciò sul collo continuando a stringerla, iniziando a spogliarla abbassandole le spalline del corpetto, lentamente, mentre l’altra mano iniziò a scendere tra le cosce di Gabrielle che ormai era completamente ubriaca della seduzione della guerriera.
“Xena…”
“Te lo avevo detto che non era vero che non mi vuoi, perché dentro di te tutto grida il contrario…”
Le mani di Xena scivolarono ancora più decise, affamate, mentre un fremito le attraversò entrambe, ma non sembrava provenire solo da loro.
C’era qualcosa in quella stanza, qualcosa nell’aria che vibrava come un sussurro antico e oscuro.
“Non dovrebbe essere così, non siamo noi, Xena…”
Xena si fermò un attimo, il respiro pesante contro la gola di lei. Poi sorrise ancora, con un’essenza predatoria nei gesti e nei lineamenti del viso.
“No, non lo siamo…o forse lo siamo più che mai.
Gabrielle cercò di allontanarsi, ma le sue mani non rispondevano. Si posarono, invece, sui fianchi di Xena, tirandola più vicina.
Il corpo comandava, obbediva a quel richiamo oscuro che non poteva più contenere.
Xena la spinse lentamente contro la parete del capanno, abbassandole del tutto il corpetto. Il contrasto tra il tessuto e la pelle nuda sembrava amplificare ogni sensazione, ogni tocco.
La mano della guerriera, ora calda e viva, ora gelida come la morte, tornò tra le gambe di Gabrielle che, ansimando, sentiva che stava perdendo qualcosa, o forse stava accedendo al proibito e all’eterno al tempo stesso, dove il piacere e la morte si intrecciavano.
“Non è amore quello che vuoi da me, vero? É qualcosa che ti brucia, che ti consuma…”
Xena non rispose a parole, ma con i gesti spingendo Gabrielle sul letto con poca delicatezza, trovandosi a sua volta sopra di lei.
I baci di Xena erano sporchi, irruenti, inumani. Le sua mani un mero mezzo per aprire un varco nella carne della ragazza che con un urlo che le salì dal basso ventre, misto di estasi e terrore, non era più un corpo ma una dimensione.
Poi, Xena, le prese il viso tra le mani, le dita intrise del desiderio appena consumato, e avvicinando la sua bocca alle labbra di Gabrielle, con impeto le morse il labbro inferiore, mentre lei di rimando le restituì il gesto incidendo il labbro superiore di Xena con i denti.
Si baciarono così, con fame, violenza e una lentezza spietata, mentre il sangue caldo e vivo di entrambe colava dalle loro bocche.
Gabrielle guardò Xena con paura e devozione, quando tutto improvvisamente per entrambe davanti ai loro occhi divenne nero. E si spense.
CONTINUA…
Che bello, finalmente il nuovo capitolo è arrivato, ed è forse anche più dark del precedente! 💜 Sicuramente si riesce a capire qualcosa in più sul passato di Najara, anche se le cose ancora non sono ben chiare…alcune scene sono molto d’impatto e sono riuscita a visualizzarle molto facilmente! 😍 Continuala presto!!!
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Se si capisce tutto subito, che gusto c’è? 🤓😂
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No, no, infatti mi piace che la trama sia parecchio intricata e che si stia svelando poco a poco, storia davvero ben scritta! 💜
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